Circolare periferica

domenica, gennaio 17, 2010

“Lentamente la città si anima,
velocemente io scappo.”

Mi infilo nel primo autobus. E’ quello sbagliato. Non importa. Non ho sonno.
Il ronzio perenne del congelatore alle mie spalle alimenta il mio mal de testa. Sembra contagiarmi. Sento freddo.  Non sono abituato a vedere la casa da quella prospettiva.
Esco.
L’autista del 39 accoglie il primo passeggero del suo turno. Saluto. Ricambia stupito. Sembrava dormisse. Quasi mi dispiace aver turbato la sua quiete. Osservo la città morta. A darle un po’ di colore ci sono solo i semafori. Si, deve essere questa la loro funzione a questa ora del mattino. Gli occhi bruciano. Sono umidi. Forse è il maledetto collirio che sono costretto a mettere. Forse no. Per 10 minuti buoni mi tocca osservare il mucchio di spazzatura di Piazza Costituzione. Finalmente, finita la sua merendina, l’autista mi porta via da li. Non va meglio. Ora non sono più solo. Ora c’è un odore misto vomito alcool e puttane che inquina l’aria. Dove cazzo sono. Per un momento mi sento perso. Mi agito. No.
Scendo.
La stazione centrale sembra un cuore che ha appena subito un infarto. Non si muove nulla. Non la ricordo così. Improvvisamente sono circondato da autobus. Appaiono numeri. 21, 25, 89. Sono confuso.
Cammino.
Un carabiniere esce dalla tabaccheria con un gratta e vinci in mano. Chissà, forse lo gratterà a fine turno sperando di trovar fortuna dopo una giornata passata a rincorrere tossici e firmare verbali. Li chiamano sbirri. Li chiamo sbirri. Sono idioti. Sono idiota. E pensare che fino a qualche anno fa volevo essere uno di loro. E pensare che uno di loro ora sta dormendo abbracciato a lei. Si. Abbracciala cazzo, falla tua.
Per strada incontro solo tossici. Ci sono sempre ma di giorno riescono a confondersi e mischiarsi in mezzo ad altra gente. Cerco un bar. Trovo edicole. Una, due, tre. Quasi chiedo se con il giornale di oggi c’è in allegato un cornetto. Sorrido. Bella questa.
Allungo il passo.
Stranamente non sento più freddo. Mi accendo una sigaretta per noia. Triste. Finalmente la mia via. E’ più breve del previsto. Non ricordo di essere passato né davanti la libreria gay né a quel garage che qualcuno chiama sala studio.
Sono a casa.
Ora finalmente posso dormire. Ho un solo desiderio al mio risveglio. Una bella pizza. Con tanta acqua.
Questo si che può avverarsi.