Post it
giovedì, marzo 31, 2011
Stagioni
lunedì, aprile 5, 2010
Ho scritto sulla sabbia che ti penso raramente. Poi è arrivata l’alta marea.
Ho scritto tra le foglie che ti penso raramente. Poi è arrivato il vento.
Ho scritto sulla neve che ti penso raramente. Poi la neve si è sciolta.
Ho donato dei fiori profumati e colorati. Poi i fiori sono appassiti ma il biglietto è rimasto
“Ti penso”
Circolare periferica
domenica, gennaio 17, 2010
“Lentamente la città si anima,
velocemente io scappo.”
Mi infilo nel primo autobus. E’ quello sbagliato. Non importa. Non ho sonno.
Il ronzio perenne del congelatore alle mie spalle alimenta il mio mal de testa. Sembra contagiarmi. Sento freddo. Non sono abituato a vedere la casa da quella prospettiva.
Esco.
L’autista del 39 accoglie il primo passeggero del suo turno. Saluto. Ricambia stupito. Sembrava dormisse. Quasi mi dispiace aver turbato la sua quiete. Osservo la città morta. A darle un po’ di colore ci sono solo i semafori. Si, deve essere questa la loro funzione a questa ora del mattino. Gli occhi bruciano. Sono umidi. Forse è il maledetto collirio che sono costretto a mettere. Forse no. Per 10 minuti buoni mi tocca osservare il mucchio di spazzatura di Piazza Costituzione. Finalmente, finita la sua merendina, l’autista mi porta via da li. Non va meglio. Ora non sono più solo. Ora c’è un odore misto vomito alcool e puttane che inquina l’aria. Dove cazzo sono. Per un momento mi sento perso. Mi agito. No.
Scendo.
La stazione centrale sembra un cuore che ha appena subito un infarto. Non si muove nulla. Non la ricordo così. Improvvisamente sono circondato da autobus. Appaiono numeri. 21, 25, 89. Sono confuso.
Cammino.
Un carabiniere esce dalla tabaccheria con un gratta e vinci in mano. Chissà, forse lo gratterà a fine turno sperando di trovar fortuna dopo una giornata passata a rincorrere tossici e firmare verbali. Li chiamano sbirri. Li chiamo sbirri. Sono idioti. Sono idiota. E pensare che fino a qualche anno fa volevo essere uno di loro. E pensare che uno di loro ora sta dormendo abbracciato a lei. Si. Abbracciala cazzo, falla tua.
Per strada incontro solo tossici. Ci sono sempre ma di giorno riescono a confondersi e mischiarsi in mezzo ad altra gente. Cerco un bar. Trovo edicole. Una, due, tre. Quasi chiedo se con il giornale di oggi c’è in allegato un cornetto. Sorrido. Bella questa.
Allungo il passo.
Stranamente non sento più freddo. Mi accendo una sigaretta per noia. Triste. Finalmente la mia via. E’ più breve del previsto. Non ricordo di essere passato né davanti la libreria gay né a quel garage che qualcuno chiama sala studio.
Sono a casa.
Ora finalmente posso dormire. Ho un solo desiderio al mio risveglio. Una bella pizza. Con tanta acqua.
Questo si che può avverarsi.
Istruzioni per l’uso
martedì, dicembre 1, 2009
L’amore ai tempi di Facebook
giovedì, novembre 19, 2009
Non voglio giudicare nessuno, ma se stai bene con la tua lei scrivilo sul cuore e non sulla bacheca di qualcuno. Piuttosto che pubblicare quelle stronzate cresci, che se stai tre metri sopra il cielo per me puoi anche rimanerci. Una storia non può nascere sullo schermo di un pc, quindi molla tutto, prendi quel cazzo di treno e vieni qui. Questa si che sarebbe cosa gradita, a me e soprattutto a quella che spero diventerà la persona più importante della tua vita.
Sei un ragazzo fortunato e te lo dico con il cuore, lei ha solo bisogno del tuo amore.
Notte dolce
mercoledì, settembre 16, 2009
“Di giorno bruciano,
di notte brillano.
Occhi.”
Dopo la realtà del giorno, prima della finzione della notte.
Il corpo è immobile nel letto, il cervello è ancora sveglio.
Immagini.
Crei.
Ti cimenti con il mestiere del ventriloquo.
I personaggi recitano la loro parte.
Tua è la sceneggiatura.
Tua è la scenografia.
Il cuscino prende vita.
Ti abbraccia.
Ti bacia.
Brividi.
Sensazioni.
Emozioni.
Tutto è perfetto.
Buona notte.
Ho paura del buio
martedì, agosto 18, 2009
Una cosa è certa: il 17 Agosto non è proprio una data fortunata. Odio il 17 Agosto.
“o victoria o muerte”
A me
mercoledì, Maggio 13, 2009
Lasciarsi pungere dalle stelle per poi farsi medicare,
abbronzarsi con la luna piena per non scottarsi,
intrecciarsi nella sabbia fredda per sentirsi più vicini,
tuffarsi in un mare di felicità.
Sognare.
Maggio, un giorno qualsiasi
domenica, Maggio 10, 2009
“L’autista che ti guida ha una sola mano,
ma vede cio che credi invisibile.
Nel tuo piccolo mondo fra piccole iene
anche il sole sorge solo se conviene.
Fra piccole iene, solo se conviene,
mia piccola iena, solo se conviene.
L’amore rende soli!.. ma è ben più doloroso
se per nemici e amici non sei più pericoloso.
La testa è così piena che non pensi più..
Ti si aprono le gambe oppure le hai aperte tu?
Aiutami a trovare qualcosa di pulito!
Uccidi ma non vuoi morire,
uccidi ma non vuoi morire.
Fra piccole iene, solo se conviene.
La mia piccola iena, solo se conviene.
Non puoi scordare dove sono state le tue labbra;
sai già come sarà, ma non sai più chi sei…
La testa è così piena non riesci più a pensare
che anche senza te si possa ancora respirare!
Quello che hai appena fatto ti ha fatto stare meglio!
Ti uccide ma non vuoi morire, ti uccidi ma non vuoi morire!
Fra piccole iene, solo se conviene.
Fra piccole iene, solo se conviene.
La mia piccola iena solo se conviene…”
(Ballata per la mia piccola iena, Afterhours)
Maggio, piena primavera. Primo caldo. Ora inevitabilmente pensi all’estate. Non è un bene. Troppe cose ti separano dalla spiaggia fine, dal mare salato e dagli chalet che si riempiono di ragazzi con una birra o cocktail in mano.
Maggio, qualcuno la definisce la stagione dell’amore. E’ strano pensare che l’anno scorso di questi tempi era ancora uno dei periodo più belli della tua vita. Non potevi sapere che da li a poco saresti stato male per molto tempo. La vita dà, la vita si riprende. E’ un sottile equilibrio, un moto armonico che oscilla da una parte e dall’altra. E come tutte le cose “In medio stat veritas”. L’equilibrio, il tuo fottuto equilibrio sta nel mezzo. Ci sei passato dopo molto tempo; ci sei passato ma ci sei rimasto troppo poco. Se già dall’altra parte, senti l’estremo vicino. Questo periodo è troppo lungo. Devi accorciarlo.
Maggio, niente in mano se non una sigaretta che ti sei fumato per noia o perché è prassi quando ti senti demoralizzato e abbattuto.
Maggio, ma vorresti fosse ancora Marzo, magari prima di una data che ora stenti a ricordare e che probabilmente ha segnato l’inizio di una nuova oscillazione. Veloce. Prima non ti rendi conto. Poi pensi. Poi la tua mante è satura. Tocchi il cielo con una mano. Vuoto. Cadi. Non c’è più spazio per le indecisioni. Prendere, lasciare, accettare di cadere ancora. Vuoi scendere da questa paranoia. Le provi tutte. Niente. Dentro i tuoi vuoti c’è qualcosa che vorresti far nascondere. Ti manca. No, non è vero. Menti a te stesso. Ti fai male da solo. Prendi l’autobus perché speri che questo a differenza del treno abbia la retromarcia. Ancora una volta ti sei illuso. Non ti devi voltare. Non devi farlo. Non devi farti ancora del male.
Maggio, vorresti non esserci.
“il contatto è superficiale, le sensazioni no”
Con la dinamo si fa più fatica?
martedì, aprile 14, 2009
“Forse sta a pochi metri da me
Quello che cerco e vorrei trovare
La forza di fermarmi
Perchè sto già scappando mentre non riesco
A stringere più a fondo e ora che sto correndo
Vorrei che fossi con me
Che fossi qui
Sento a pochi metri da me
Quello che c’era e vorrei trovare
La forza di voltarmi
Perchè se stai svanendo io non ci riesco
A stringere più a fondo ora che sotto il mondo
Vorrei che tu fossi qui
Che fossi qui”
(Strade, Subsonica)
Quando mi metterò in testa che per pedalare in salita serve un rapporto agile allora forse avrò una minima speranza di vittoria.
Il gruppo è oramai distante.
Sono poche le persone sul ciglio della strada che sono rimaste per incitarmi.
La strada è a due corsie ma è indifferente vado troppo lento per sorpassare.
Mi sposto sulla destra per agevolare i sorpassi degli altri.
Tengo il manubrio con una mano alla volta. Non dovrei.
Disegno le curve in modo irregolare. Non dovrei.
Mi volto. Vedo quello che non c’è. Non dovrei.
Arranco.
Sto per mollare.
Cado.
Mi rialzo.
Pedalo.
Non ho idea di dove porti questa strada.
Forse si sono dimenticati di segnalarmi il bivio.
Continuo.
Non so se sono ultimo. So che non sono primo.
Ma quando arriverò al traguardo, se ci sarà ancora, alzerò comunque le mani al cielo.
Ho vinto.